Silvia Ghisio

Team Expo

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Una volta alla vigilia del 1 maggio ho lavorato in un team che si preparava ad accogliere il mondo a Milano. Abbiamo selezionato, assunto e accreditato più di 3000 persone, lo staff dei Paesi stranieri di #Expo Milano 2015.
A quest’ora in un ufficio del centro città eravamo tutti frenetici, alle prese con i badge, i turni, le divise e gli scatoloni di materiale da consegnare presso il sito espositivo. Se hai lavorato negli eventi conosci la check list del giorno pre evento. Ecco, moltiplicala per 1000 e prova a sentire l’adrenalina mista ad orgoglio, mista a senso di responsabilità. Ogni piccola azione di ognuno, seppur semplice ma eseguita con precisione e puntualità contribuisce al risultato finale, qualcosa di grande. 

Tutti complici di movimenti veloci e precisi, di imprevisti da risolvere nel rispetto delle procedure; mezzi sguardi provati ed attenti, sorrisi tesi. Tutti coinvolti nella realizzazione della start up più grande mai vista prima. Tanta emozione interrotta da lanci di pietre ed iunsulti rivolti alle nostre finestre, rivolti a noi. Indimenticabile momento di paura misto alla gioia di un grande lavoro di squadra. Ho avuto paura.

A volte la paura non è solo quella che viene dall’esterno. 
Penso al timore di ogni prima volta e condivido qui uno stralcio di conversazione avuta col mio più giovane collega, salito a bordo di una “nave in mezzo alla tempesta” e che ha trovato il modo di allinearsi con un equipaggio già allenato, già un pò provato ma anche già esperto di navigazione.

"Mi avevano detto che non sarebbe stata una cosa usuale questa esperienza, sono arrivato dopo aver frequentato un corso di formazione sulla selezione del personale, solo teorico. Ho cercato di capire che cosa stesse succedendo, di attenermi alle procedure e di imparare a fare cose in autonomia.
Dopo pochi giorni dal mio arrivo è arrivata una ricerca da 120 persone in 4 giorni, ricordo ancora gli occhi spiritati di C. e la tua determinazione nel dire "si può fare" e si è fatto! 
Ero ancora poco autonomo ma ho capito che ero in mezzo a gente che sapeva che cosa fare e mi sono affidato. L'abbiamo fatto.
Abbiamo parlato con più di tremila persone e ci siamo immaginati in diverse spiagge del sud Italia. Ci siamo immaginati i dolci tipici di diverse località, le più amate, ci siamo trovati la benzina per farcela, immaginando quel Sito espositivo che alcuni di noi non avevano nemmeno ancora visto. Ci siamo esercitati a risolvere problemi in velocità, alla Mc Gyver, imparando a gestirci ansia, procedure e risultati.
Il fatto di essere in un team a prevalenza femminile mi ha imposto di usare tutta la sensibilità di cui dispongo; il fatto di avere tante sorelle mi ha facilitato nel comprendere messaggi sottili, i metamessaggi fatti di sguardi, labbra tese e capelli arruffati che se li sai prendere ti consentono di lavorare col sorriso”. (G.)

La paura di non farcela influisce sulla buona riuscita – hai presente la profezia che si autoavvera? Si compone di tre elementi:

a. Una convinzione consapevole o meno 
b. Un’aspettativa legata a questa convinzione 
c. Un comportamento che deriva da questa convinzione e che finisce col conbfermarla e con avere conseguenze reali.

Hai presente l’uomo che vuole appendere un quadro, che ha il chiodo ma non il martello? Cerca  Watzlawick.

Quante volte ti è capitato di evitare di chiedere per paura della risposta di un collega? 
Quante volte ti è capitato di evitare di candidatri ad una posizione per paura di non essere chiamato? 
Quante volte ti è capitato di fidarti di colleghi più esperti per raggiungere un risultato?

Credo che l’antidoto contro la paura siano la fiducia e l’atteggiamento assertivo. Quello che noi diamo per scontato non è detto che lo sia per altri; vale la pena comunicare. 

Comunico un ricordo potente: una squadra che ha un obiettivo da raggiungere, ci crede e ce la fa. 

Certe esperienze nascono sapendo che finiranno a breve, ciò non impedisce loro di lasciare insegnamenti da ricordare.
Questo post lo dedico anche a chi si gode il viaggio. 
Se hai appena concluso un'esperienza analoga "all'essere salito a bordo di una nave intenta ad attraversare un mare in tempesta" la domanda può essere: che cosa ho imparato di me? che cosa ho imparato in generale? in quali altri contesti è utile quel saper fare? che cosa ho conosciuto che prima non conoscevo? Quali persone ho incontrato? Che cosa mi porto a casa? Che cosa avrei potuto fare di diverso? Che cosa dipende da me? Quali propositi per la prossima esperienza di lavoro o di apprendimento sul campo?

La meta a volte è sperimentare. 

Nel mio caso l'esperienza mi ha riportata in aula a gestire assessment (in inglese!), ho vissuto in prima linea l'evento più grande mai visto, la start up più atipica (nasceva a termine) e mi ha fatto vivere una dimensione importante di "team" che nel lavoro precedente non era presente. Ho anche imparato a lavorare in un ambiente con molte procedure e che può essere rassicurante, a volte frustrante, tuttavia un modo di lavorare diverso da quello conosciuto.

A volte sottovalutiamo l'importanza di riflettere sul senso di esperienze - seppur brevi - ma significative… Perché?

Buona giornata.
#energiaPura

Foto: Antonello Parisi  – Incontro expoworkers 2016, Arco della Pace - Milano





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