Silvia Ghisio

Misuri il livello di fiducia delle persone o la produttività?

Misuri il livello di fiducia delle persone o la produttività?

Misuri il livello di fiducia delle persone o la produttività?



Il tema della misurazione è uno degli argomenti attualmente dibattuti, soprattutto perché avere dati consente di prendere decisioni basate su elementi oggettivi, ma allo stesso tempo sono cambiati alcuni paradigmi.


Lo spunto per questo scritto nasce da un dialogo avuto in rete qualche tempo fa e non ho esitato a sottolineare che non siano le persone ad essere misurate, bensì  le loro attitudini, competenze, il loro potenziale, i tratti di personalità e le loro performance. 


Tuttavia nel dibattito intorno all’evoluzione dei sistemi di gestione del personale (capitale umano, persone, talenti…) si tende a considerare oggi il soggetto nella sua interezza; in effetti non lasciamo fuori dalla porta dell’azienda pancia e cuore, ce le portiamo assieme al cervello e molto spesso le situazioni di soddisfazione o malessere passa proprio per questioni non prettamente di natura logico - razionale.


Anche nel caso in cui sono chiare le aspettative di ruolo, i confini, la delega e il patto tra individuo e organizzazione, potrà comunque intervenire qualche fattore ad influire sulla soddisfazione che deriva dal vissuto relativo alla fiducia, al buon clima, o alle relazioni all’interno del team di lavoro.


il termine “professionalità” ha lasciato spazio ad altre parole: talento, caratteristiche personali, unicità della persona. Si incoraggiano le aziende a conoscere ed apprezzare le persone per quello che sono, per tutto il loro valore, il loro essere; per l’energia e la passione che le contraddistinguo no in azione nel contesto. Almeno sulla carta. Per Employer branding o per davvero? 


Poi comunque il lavoro va fatto e la tentazione di basarsi sui tempi di lavoro e sul rispetto delle scadenze rimane. E allora la sfida è ricercare attivamente nel proprio contesto il sistema per rispettare la natura della propria produzione (uso i gantt? Sono passato al lean? Faccio l’asaichi ogni mattina? O lo stand up meeting? …) per decidere che esperienza vivere e offire al proprio gruppo di lavoro (non li chiamo collaboratori) per arrivare a celebrare i risultati e al contempo a mantenere il rispetto e un buon clima di lavoro, che certamente influisce sui risultati e che dal mio punto di vista va misurato anch’esso, quale indicatore dell’investimento affettivo e motivazionale che le persone portano in azienda ogni giorno, assieme alle proprie capacità tecniche. 


Ho letto il contributo di Paul Zac (Neuroscienze e management di Emanuela Salati ed Attilio Leoni - guarnii Next 2017) e ho trovato evidenze empiriche a supporto dell’opportunità: 


  1. Di assumere persone felici - senza pretendere che portino e basta la loro felicità; nelle relazioni in fatti ci si contamina! - Aggiungo io
  2. Di generare un ambiente di fiducia, in primis, dentro l’organizzazione - questo è possibile solo se a monte chi decide possa fidarsi in primis di Sè e della propria capacità di gestire, altrimenti - sempre dal mio punto di vista - la sfiducia rischia di diventare un fatto culturale!
  3. Di agire attivamente a supporto del reale ascolto e comprensione di chi si ha di fronte, anche nei colloqui di selezione o di valutazione, ma soprattutto nei dialoghi informali che fanno parte di un sistema di gestione delle persone al lavoro.


Zac sostiene - a proposito di performance management - che la valutazione annuale vada mantenuta e integrata da feedback diffusi e costanti, da una cultura che tenga presente il bisogno dell’individuo di sentirsi accolto. Nei suoi studio di neuroscienze ha studiato la “molecola della fiducia” e immaginato come possa - il fattore O” essere adottato nelle politiche manageriali. 


La “O” sta per ossitocina, l’ormone prodotto dal nostro cervello quando qualcuno ci tratta bene. 


Quando in azienda si mettono in atto politiche che aumentano la fiducia, i loro colleghi e collaboratori hanno stimoli e risorse per lavorare meglio, migliorando prestazione e organizzazione. 

Semplice, no? 


Con questo presupposti le misurazioni rivolte alle persone hanno - secondo Zac - l’obiettivo di raccogliere i seguenti dati: 


  • il loro livello di contentezza in un giorno lavorativo medio 
  • La chiarezza circa l’obiettivo essenziale dell’organizzazione (sembra ovvio, eppure..)
  • La valutazione della fiducia interpersonale sul lavoro. 


Sempre secondo Zac la gestione può essere considerata come una serie di esperimenti e suggerisce di avere molto chiari i risultati che si vogliono ottenere. 


Fra le varie scoperte sugli studi circa la “molecola morale” che guida cooperazione, il legame e l’empatia: 


  • Fiducia e obiettivo influiscono positivamente sulla contentezza in generale
  • La contentezza influenza la produttività 
  • La contentezza non è direttamente correlata invece con l’innovazione, tuttavia nel gruppo di lavoro emerge la creatività quando si ha fiducia nei colleghi.
  • La contentezza sul lavoro si estende anche fuori dal lavoro. 



Dal mio punto di vista è lecito chiedersi come la vita aziendale influisca sul benessere complessivo delle persone, anche solo per differenza rispetto al livello di #stress!


Voi che cosa ne pensate? 

State già lavorando sul fattore “Ossitocina” o è la solita perdita di tempo? 


Abbracciatevi almeno!


Un abbraccio!

#energiaPura






Siamo già connessi?