Silvia Ghisio

45 anni 45 chili

45 anni 45 chili

45 anni 45 chili



... madre, “bread winner” e ho smesso di correre.
Ultimamente mi sono trovata a pronunciare in almeno 3 occasioni: “sono qui perché mi sono resa conto che la mia vita è cambiata” e ci ho messo 4 anni ad ammetterlo.
Mia madre diceva che la vita di una donna inizia il suo periodo migliore intorno ai 35 e ho dovuto darle ragione. Ero già madre a mia volta, avevo già collezionato qualche ferita e qualche gioia, ma soprattutto avevo compreso che potevo essere quella che sono e interpretare i diversi ruoli della mia vita rispettandomi, rispettando e chiedendo rispetto.
A 40 il marito della mia “seconda sorella di cuore”-  che ci ha lasciati troppo presto - mi augurò di scoprire da me la magia di regalarsi autorizzazioni, ed ebbe ragione.
A 45 mi dico da sola che, sdoganate le licenze, sia il tempo del coraggio. Tanto ce l’ho, mi è dovuto venire.
45 chili di energiaPura che apprezza la vita perché sa che prima o poi finisce, che apprezza i doni che ha ricevuto, ogni giorno e che ricerca e trova il senso di quello che fa.
Perché è cambiata la mia vita?
Perché un bel giorno mi sono svegliata afona, perché – a dispetto della mia forma fisica, della mia ora di corsa quotidiana e del tennis, delle maratone lavorative, dei sorrisi, dei budget e dei gadget, ad un certo punto ho dovuto ammettere che nulla è per sempre, nemmeno il fiato, nemmeno il lavoro, nemmeno la vita del resto.
Credo sia stato un caso ma in quel periodo, mentre lottavo con un’improvvisa e imprevista asma allergica, no aspetta, forse reflusso, forse stress, forse bronchite, ad un certo punto ho passato mesi a tossire, ad usare dispositivi cortisonici, antistaminici e ogni forma di sostegno alla funzione primaria: respirare, vivere.

Non ho poi corso la maratona intera dei 42 anni, ma solo qualche staffetta e in ogni occasione ho conosciuto compagni di percorso speciali, ho ascoltato mentre correvo meravigliose store di rinascita e gioia di vivere, ritrovata o appresa proprio anche attraverso lo sport.


Poi a Milano non ho più usato correre, già affaticata da altre polveri sottili oltre a quelle presenti nel nostro cielo.
Ho trovato altri luoghi dove praticare il mio bisogno di equilibrio fisico, che reputo fondamentale per le altre dimensioni della vita. Ho nuotato, ho praticato yoga e sono rinata.
Ci ho messo 4 anni per riuscire a dirlo: la mia vita è cambiata.
Ora però riesco a cantare e a parlare, anche in pubblico, di nuovo. No, non sono raffreddata, la mia voce è cambiata ed io con lei.
Anche per questo ho iniziato a scrivere, ma anche perché ho potuto decidere del mio tempo, proprio perché mi sono trovata a gestirlo, a gestirmi e a continuare a gestire un quotidiano di nuove sfide.


Perché scrivo queste cose private?

Perché credo di poter dare il mio contributo a sostegno del diritto di esistere, anche con le nostre imperfezioni, sia nel mondo del lavoro che nel mondo dello sport.
Continuo a sostenere un’associazione che si chiama YOU ABLE… anche se non corro più.

You ABLE aiuta atleti amputati di tutto il mondo a correre le maratone con differenti tipologie di ausili, che mettono le ali a sogni veri di persone che brillano.

Continuerò a sostenere altre persone come me, madri o padri che senza aiuti privato o istituzionali mantengono la loro prole affidandosi all’amore, alle proprie credenze e alle proprie capacità e in maniera onesta.

Mi chiamo Silvia, ho 45 anni peso 45 chili, sono una madre e mi guadagno da vivere con onestà, appena posso aiuto gli altri a correre, e a rialzarsi all’occorrenza.

Scrivo queste parole perché avere il coraggio di pronunciare i propri limiti è qualcosa di importante.
Non sono Wonder Woman e ogni tanto sono molto stanca, come stasera.

Ultimamente ho preso diverse iniziative coraggiose perché sento il dovere di promuovere l’unica via che conosco: quella di guadagnarsi il pane quotidiano nel rispetto delle regole e delle altre persone. Rialzandosi dopo ogni caduta.

Scrivo queste parole perché voglio condividere tutta la passione che ho nel facilitare occasioni di confronto e di ricerca di soluzioni affinchè  - improvvisamente - si sentisse non più idoneo o fisicamente limitato a svolgere il proprio lavoro, o il proprio sport preferito, non si senta solo.

La perfezione esiste solo in certe riviste presunte femminili con utilizzo di brillanti effetti grafici.
Io preferisco chi brilla di luce vera e vi assicuro che ce n’è in giro. Basta guardare.

Il primo esempio lo cito qui:
“Praticare sport significa tutelare la propria salute, migliorare le funzionalità psicomotorie, socializzare, divertirsi, superare disagi fisici e psicologici. Per un ragazzo con disabilità lo sport diventa affermazione delle capacità individuali e un riferimento positivo di successo per Sè stessi e gli altri. Sostenere e promuovere lo sport paralimpico è una conquista di civiltà e pari opportunità per l’intera collettività, oltre ad essere ad essere stimolo ed esempio per le nuove generazioni a dare il massimo per raggiungere i propri obiettivi” - da una conversazione con Elena Bonacini di YOU ABLE ONLUS - brillante professionista e facilitatrice di risultati veri.

http://www.youable.org

A tutto il resto pensiamo lunedì.
Un abbraccio

Silvia



Siamo già connessi?